15 dicembre 2010

Thirst

Ho scoperto dell'esistenza di Thirst leggendo Players, una rivista dedicata all'intrattenimento su cui scrive anche quella bella personcina che risponde al nome di giopep. Potrei limitarmi a suggerire di leggere la breve recesione che si trova sulle pagine del PDF della rivista, ma non sarebbe bello.

Thirst è un film di vampiri, e no, non è uno dei tanti. È lassù, in cima alla lista dei migliori esponenti recenti del genere (non che io sia un esperto, ma tant'è), insieme a Let The Right One In. Anche perché il regista è Chan-wook Park, che ha diretto tra le altre cose Oldboy. E Park è uno a cui non piace girare film banali e Thirst banale non lo è per niente. Non lo è perché è esteticamente e stilisticamente impeccabile, quasi al punto che lo si potrebbe guardare anche senza sonoro e sottotitoli. Quasi, eh. E poi non lo è perché ha un attore protagonista bravissimo coadiuvato da una altrettanto brava attrice di supporto e una storia che sì è di vampiri, ma tratta l'argomento da un punto di vista originale e particolare.

Insomma Thirst è un gran bel pezzo di pellicola, intenso e che non lesina su erotismo e sangue e che riesce persino a raccontare una storia d'amore dannata.

13 dicembre 2010

Il videogioco dell'anno?

Visto che pochi giorni fa sono stati assegnati i Videogame Awards, mi sembra giusto scrivere anch'io dei giochi migliori dell'anno. Eviterò di fare suddivisioni per genere e piattaforma e mi limiterò semplicemente a parlare dei giochi che mi hanno appassionato di più negli ultimi 12 mesi. E sicuramente me ne dimenticherò uno fondamentale.

Direi che i candidati sono in ordine sparso: Bayonetta, Mass Effect 2, Red Dead Redemption. Manca qualcosa che mi ha davvero esaltato? Monster Hunter Tri avrebbe potuto e dovuto fare parte della lista, almeno sulla carta, ma alla prova dei fatti non si è rivelato una droga come gli episodi su PSP. Poi ci sarebbe Call of Duty: Black Ops, ma a quello dedicherò un paragrafo a parte alla fine.

Dicevamo, giochi belli.

Bayonetta (su Xbox 360) è stato il primo gioco della madonna di questo 2010. Uscito a metà gennaio dopo aver ricevuto 40/40 da Famitsu (che vabbe', lo hanno dato pure a Monster Hunter Tri) e 10 su Edge, ha confermato quanto di buono si era letto in giro ed è uno dei migliori action game mai creati. Con un sistema di combattimento vario, profondo, ma soprattutto sempre divertente, è uno di quei giochi che è, molto banalmente, piacevolissimo da giocare. Ogni scontro è una goduria, impegnativo e gratificante, e graficamente, almeno su Xbox 360, è una vera gioia per gli occhi. Ah, quasi dimenticavo, ci sono pure Bayonetta, la protagonista gnocca con uno stacco di gambe improbabile e la canzone più droga degli ultimi anni.

Mass Effect 2 (su PC), di cui ho già scritto tre volte proprio su questo blog, è, come suggerisce il numerino nel titolo, il seguito di Mass Effect, l'ibrido GdR sparacchino di BioWare. In questo secondo episodio gli sviluppatori hanno deciso di migliorare decisamente la parte di azione, mettendo in secondo piano elementi più ruolistici come la gestione dell'equipaggiamento, scelta che ha fatto storcere il naso a molti. A me, sinceramente, della cosa non è fregato molto, soprattutto perché Mass Effect 2 ha una parte shooter solida, dei dialoghi meravigliosi che non ti fanno venire voglia di saltarli il più in fretta possibile e dei personaggi di supporto fantastici. Insomma è stata una delle esperienze ludiche più coinvolgenti che io mi ricordi.

Per ultimo, e non certo per ordine di importanza, c'è Red Dead Redemption (su Xbox 360). Sviluppato da Rockstar, da molti imbecilli è stato bollato e considerato come un semplice Grand Theft Auto nel West, senza magari nemmeno averci giocato. In realtà, Red Dead Redemption è un gioco che ha ricreato un mondo di gioco così credibile, solido e coerente che spesso affrontavo le lunghe cavalcate tra una destinazione e l'altra ed evitavo di usare il sistema di trasferimento automatico perché era... giusto così, ecco. RDR mi ha fatto sentire davvero nei panni di John Marston, mi ha fatto vivere e assaporare la storia splendida e goduto della compagnia di una serie di personaggi uno più bello dell'altro, grazie anche a una sceneggiatura e dei dialoghi fuori parametro. Come se non bastasse, RDR è anche divertente da giocare, come una marea di cose da fare e delle sparatorie mai noiose.

Ed è per questo che è dall'alto della mia autorità, decido di assegnare al capolavoro di Rockstar il titolo di "Gioco del 2010 preferito da Me Medesimo".
Menzioni d'onore per God of War III su PlayStation 3 e NBA 2K11, anche questo in versione PS3. Assenti giustificati: Demon's Souls, a cui io ho giocato nel 2009 perché comprai la versione americana, e Vanquish (su Xbox 360), che ho comprato, ma al quale, per un motivo o per l'altro, non ho ancora dedicato la necessaria attenzione.

Paragrafo a parte per Call of Duty: Black Ops. Il gioco è uscito a inizio novembre e a tutt'oggi la versione PC è ancora ingiocabile a causa di tutta una serie di problemi tecnici. Treyarch e Activision dovrebbero vergognarsi per aver pubblicato un gioco in questo stato. La speranza è che prima o poi esca una patch che sistemi i problemi, ma nel frattempo il "Premio Vaffanculo Che Ve Possino Ammazza' 2010" va a Treyarch, Activision e il loro Call of Duty Black Ops su PC.

12 dicembre 2010

Teeth

Con colpevole ritardo, finalmente ho visto anch'io Teeth che se non ricordo male al tempo dell'uscita attirò molta attenzione per l'argomento che tratta.

I denti del titolo sono quelli di una biondina tanto carina e adorabile e ragazza immagine di uno quei movimenti di fanatici che predicano nelle scuole americane l'astinenza dal sesso fino al matrimonio. Dei normalissimi denti però non sarebbero un argomento particolarmente stimolante per un film che si presenta come un horror, ma è anche e soprattutto una commedia macabra, e infatti è la vagina della ragazza a essere dentata. Quello della vagina dentata è un mito presente in molte culture e ci sono varie interpretazioni su cosa esso rappresenti: la paura dell'uomo della castrazione e della sessualità femminile più in generale, oppure l'ansia della donna che deriva dalla penetrazione, oppure il desiderio incoscio di divorare il suo compagno.

Quale che sia la teoria che vi ispira di più, quella raccontata dal regista e autore Mitchell Lichtenstein è soprattutto la storia di una ragazza che cresce e diventa consapevole del suo essere diversa, ma soprattutto che impara a fare tesoro di ciò che la contraddistingue invece di esserne terrorizzata e la protagonista Jess Weixler è brava a comunicare la maturazione della sua Dawn. Le scene macabre non mancano, ma a parte il dolore atavico che possono causare nel pubblico maschile, fanno decisamente più ridere che disgustare. Nonostante manchi un po' di ritmo nella parte centrale, Teeth si è confermato come un buon film dotato di una forte vena satirica e macabra e un'intelligenza che stimola lo spettatore.

6 dicembre 2010

14 Blades

Pare che Donnie Yen, il protagonista di 14 Blades (Jin yi wei in lingua originale), sia piuttosto famoso tra gli amanti dei film di arti marziali e pare anche che avesse una parte in Blade II. Io, nella mia quasi totale ignoranza del genere, non sapevo niente di tutto questo. Ed è per questo che ho cominciato a guardare 14 Blades sapendo più o meno cosa avrei visto, ma senza nessuna particolare aspettativa.

C'è da dire che Yen in questo film sembra un po' di plastica, con quella faccia tirata a lucido che sembra appena uscito da un autolavaggio, o forse è merito (o colpa) della saturazione blu che il regista Daniel Lee ha dato a praticamente tutta la pellicola. Ma non importa, perché 14 Blades è un bel filmone epico, con la sua storia di eroiche redenzioni, tradimenti, amori travagliati, assassine belle quanto letali, potenti avidi di potere, il tutto sullo sfondo di una Cina meravigliosa. Ma a essere splendidi non sono solo i paesaggi, è tutta la messa in scena a essere semplicemente sontuosa, grazie in particolare a una attenta cura coreografia dei combattimenti e di molte delle scene "normali".

Con il loro largo uso di fili nascosti, le scene di azione riportano alla memoria quelle di Crouching Tiger, Hidden Dragon, senza forse raggiungerne la stessa eleganza, ma riuscendo comunque a essere coinvolgenti ed emozionanti. E anche la storia, a tratti un po' prevedibile, fa la sua porca figura ed è all'altezza. Insomma, 14 Blades è godibilissimo, e a tratti pure quasi esaltante, per gli amanti delle arti marziali, penso, e pure per tutti gli altri, dai, perché alla fine la trama strizza l'occhio e fa le moine un po' a tutti.

3 dicembre 2010

Exit Through The Gift Shop

Scrivere di Exit Through The Gift Shop è fichissimo, perché mi permette di tirarmela da uno che ne sa a pacchi di cinema e tirare in mezzo nientepopodimenoche Orson Welles e il suo F For Fake. Sì, perché sia Banksy che Welles giocano con due elementi nei loro documentari: l'analisi del concetto di arte e il dualismo tra verità e menzogna.

Quello di Banksy è un documentario su Therry Guetta, in arte Mr. Brainwash, un cineasta francese trapiantato a Los Angeles ossessionato dalla necessità di riprendere con una telecamera qualsiasi cosa gli accada intorno e che voleva realizzare a sua volta un documentario sulla street art e Banksy in un periodo che spazia tra il 1999 e 2008 (mi sembra). In questi 10 anni, Guetta diventerà a sua volta uno street artist e metterà in piedi a Los Angeles una delle più grandi esposizioni di street art della storia, in seguito a quello che era un tentativo da parte di Banksy di distogliere l'attenzione del francese dal documentario.

Di per sé, Exit Through The Gift Shop è un magnifico documentario sulla street art e sui suoi maggiori esponenti, sulla contemporaneità insita in essa e sulla sua temporaneità, considerato che spesso le opere di questi artisti vengono coperte da una mano di intonaco nel tentativo di "ripulire" le strade delle nostre città. Tuttavia, il film/documentario di Banksy è qualcosa di più di non facile identificazione: è un'allegoria critica della commercializzazione dei movimenti artistici e in particolare della street art? Guetta è solo un fantoccio mosso da Banksy? Tutto quello che abbiamo visto è vero o è stata solo una messa in scena, esposizione di Mr. Brainwash inclusa? E tutti quelli che hanno pagato migliaia di dollari per i pezzi di Guetta che cosa hanno acquistato in realtà, opere vere o patacche confezionate ad arte? Queste sono domande senza risposta che impreziosiscono ulteriormente un documentario che va visto anche solo per poter apprezzare la genialità di alcuni degli artisti contemporanei più ispirati. Il breve pezzo su Banksy nella Striscia di Gaza vale da solo la visione.

1 dicembre 2010

Crazy Heart

I protagonisti di Crazy Heart sono due, diciamolo. Il primo è Jeff Bridges, giustissimo vincitore di uno strameritato Oscar per questo ruolo, che si carica in spalla il film fin dalla prima scelta e se lo porta dietro fino alla fine, senza farlo mai cadere anche nei momenti più zoppicanti. Il secondo è la colonna sonora, bella, splendida, emozionante e struggente, che accompagna e fa da contraltare al protagonista Bad Blake, un famoso cantante country caduto ormai in disgrazia, ma anche e soprattutto un uomo di mezza età, prigioniero del suo personaggio, con gravi problemi di salute e alcolismo e con una vita senza affetti reali.

A fare da spalla a Jeff Bridges c'è un cast di ottimi attori, un regista che si fa i cazzi suoi e lascia che Bridges tenga la scena e che ci regala dei colpi d'occhio magnifici sui bellissimi panorami che fanno da sfondo. La storia... vabbe', la storia è quella raccontata milioni di volte e che in altre occasioni non sarebbe stata degna nemmeno di uno sguardo, e ci sono stati pure un paio di passaggi in cui la sceneggiatura mi ha lasciato perplesso, ma un Bridges simile e una colonna sonora del genere renderebbero interessante persino la ricetta della spesa della vecchietta del piano terra.
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