28 luglio 2003

È tempo di saluti.

Ultimo post dal Giappone fino al mio ritorno a Tokyo.
Come i più attenti avranno sicuramente già notato, l'ora è alquanto insolita. Sono appena tornato da una serata con amici, durante la quale abbiamo festeggiato il ventiquattresimo compleanno di David. Si è bevuto, si è mangiato e si è chiacchierato in abbondanza. Ottima serata, insomma.
Forse vi state chiedendo perché sono ancora sveglio. Beh, considerato che mi dovrei svegliare alle 6.30 per andare in aeroporto, ho pensato che fosse inutile dormire poco più di un'ora. Meglio rimanere svegli per poi dormire in aereo... o no?
Ora è meglio che vada a farmi una doccia e finisca di fare la valigia. Ci si sente al mio arrivo.
Baci alle di voi sorelle.

25 luglio 2003

Ci siamo.

E anche questa è finita. Oggi infatti è l’ultimo giorno in ufficio. Ufficio, tra l’altro, semivuoto, dato che gli uffici Square Enix da lunedì saranno in Shinjuku e non più in Meguro. La situazione è un po’ bizzarra: mentre sto scrivendo, i colleghi dietro di me stanno mettendo la loro roba in scatole di cartone, pronte per essere poi trasferite nel nuovo ufficio. Buona parte del mio piano è già stata trasferita, solo più pochi sono ancora qui. Regna quindi uno strano silenzio attorno a me.
Comunque, direi che tutta l’esperienza giapponese è stata solo ottima. Mi sono divertito, ho imparato nuove cose e conosciuto nuove persone e visitato posti che ho sempre visto (e anche un po’ sognato, dai) nei cartoni animati... ed è stato bellissimo scoprire che esistono veramente :-)
Tra poco andremo a mangiare, la nostra ultima pausa pranzo... Jacques ci porta in un ristorante spagnolo. Un paio di giorni fa ci ha portati in una pizzeria italiana (di proprietà di giapponesi, ovviamente) e devo ammettere che la pizza era sorprendentemente ottima. Quasi napoletana, giuro. Ovvio, Di Matteo è un’altra cosa, ma vi assicuro che la pizza era davvero buona.
Ok, si va. Buon appetito!

23 luglio 2003

Annuncio.

Coloro che seguono il Kaiba già sanno, quindi questa notizia è per tutti gli altri.
Considerata la qualità del mio lavoro su FFTA, o la cronica penuria di traduttori decenti, Square Enix ha deciso di assegnarmi un altro progetto. Dato che non mi hanno espressamente autorizzato a dire di quale gioco si tratta, preferisco non dirvelo per ora.
La cosa più importante è che tornerò in Giappone il prossimo settembre, giusto in tempo per andare al Tokyo Game Show.
Il mio soggiorno dovrebbe durare fino alla fine di novembre/metà dicembre.
Ne approfitterò per imparare un po’ di giapponese... e magari pensare a trasferirsi qui per un po’. Vedremo.
Devo ammettere di essere piuttosto contento :-)

Ah, sarò in Italia dal 31 luglio fino al 18 agosto. Si accettano prenotazioni per date, conferenze, congressi, pucchiacche, raduni.

Gheishe.

Ah, ho dimenticato un fatto interessante accaduto sabato a Kyoto.
Poco prima di raggiungere il locale degli amici di Hana, siamo andati in un beer garden, in pratica un giardino dove si beve birra, niente di particolare in sé. La peculiarità di questo locale risiedeva nelle gheishe che si aggiravano per i tavoli e che di tanto in tanto si siedevano per scambiare quattro chiacchiere con i clienti, tutte vestite con il tipico kimono.
Al nostro tavolo si è seduta una cosiddetta maiko-san (non sono sicuro se scriva così o meno), una ragazza che sta ancora studiando per diventare una gheisha vera e propria. Grazie alla traduzione di Hana, abbiamo scoperto che la nostra compagnia aveva 17 (diciassette!!!) anni e che era arrivata a Kyoto da circa un mese, solo per diventare una gheisha. Decise di diventare una gheisha a 12 anni, quando, durante una gita scolastica, vide un gruppo di gheishe. Da quel momento in poi, il suo unico pensiero fu quello di realizzare il suo sogno.
Devo essere sincero: non sono riuscito a capire perché una ragazzina di 17 anni abbia deciso di mollare famiglia, scuola e amici per diventare... boh, una prostituta di compagnia. Sarà anche profondamente radicato nella cultura e nella tradizione giapponese, ma il fatto di avere lì con noi questa ragazzina che, per quanto fosse una piacevole compagnia, era lì in quanto impostole dal suo ruolo, mi metteva un po’ a disagio. E anche nel caso fosse stata con noi perché le piaceva davvero... perché le piaceva? Cosa c’è di bello nel fare la gheisha, nell’essere una dama di compagnia il cui unico scopo è quello di soddisfare i desideri altrui, con buona pace per i propri?
Tutta la situazione mi ha lasciato alquanto stranito, mi sembrava troppo irreale e artefatta per riuscire a coglierne e godere del tradizionalità e della particolarità di una cosa così insolita. Non mi è nemmeno venuta voglia di farle una foto, tanto era forte questa sensazione.

22 luglio 2003

Weekend a Kyoto!

Tra uno sbadiglio e l’altro, cercherò di raccontarvi quanto è accaduto durante l’ultimo weekend. Weekend passato a Kyoto in compagnia di David, la sua ragazza Miyuki, sua sorella Chrystelle e Luis.
Siamo partiti sabato mattina, poco dopo le otto, dalla stazione di Tokyo (per intenderci, è come se a Roma ci fosse un grosso nodo ferroviario chiamato Roma). E sì, svegliarsi è stata una sofferenza infinita (ore 6:30). Per raggiungere la nostra destinazione, abbiamo preso lo shinkansen, il famoso treno veloce giapponese, detto anche bullet train. Purtroppo, le nostre ristrette disponibilità finanziarie ci hanno impedito di prendere il modello più recente (e, di conseguenza, più veloce) e ci siamo dovuti accontentare di uno dei modelli più vecchi che percorre i 513 chilometri che separano Tokyo da Kyoto in poco meno di 4 ore. Sono rimasto molto sorpreso dal fatto che il treno, nonostante fosse un “espresso”, si sia fermato praticamente a tutte le fermate lungo il percorso. Ah, lo shinkansen fico ci mette poco più di 2 ore a coprire la stessa distanza.
L’interno del treno è molto simile a quello di un aereo, e i sedili sono molto più comodi di quelli dei treni italiani. Certo, il prezzo non è molto economico, visto che il biglietto di andata e ritorno ci è costato 20000 yen a testa, ma si viaggia davvero bene.
La maggior parte del viaggio è stata passata a sonnecchiare, nella speranza di recuperare energie in vista del weekend che sapevamo sarebbe stato molto faticoso.
Kyoto è infatti famosa per i suoi numerosi templi e per il suo essere molto fedele alla tradizione giapponese. L’altezza dei palazzi, soprattutto nelle aree più vecchie, è limitata per legge, in modo tale da non alterare l’aspetto della cittadina. La prima differenza che salta all’occhio una volta arrivati è il ridotto numero di persone presenti per strada. Non che ci sia poca gente, ma rispetto al sovraffollamento di Tokyo, la città sembra quasi deserta.
Appena arrivati, la prima necessità è stata quella di trovare un posto dove dormire. Alla fine, abbiamo deciso di accettare l’invito di un’amica di Miyuki, Hana, che ci ha gentilmente offerto il suo soggiorno per dormire.
Raggiunta casa di Hana in autobus, ci siamo trovati in una casa splendida, in perfetto vecchio stile giapponese, in tutto e per tutto simile alle case che abbiamo sempre visto nei cartoni animati nipponici. Giardino, tatami, a due piani… favolosa, davvero. Spero che le foto le rendano giustizia.
Il giardino, il soggiorno, la cucina, e l’interno da due diverse angolazioni.
Rinfrescatici un attimo, Hana ci ha portato al Golden Temple, così soprannominato in virtù della presenza di tempio dorato appunto. Molto bello e, soprattutto, estremamente rilassante. Eccovi qualche foto per farvi capire cosa intendo.
Giardino, barchetta e pontile, un tempietto… penso. In loco abbiamo poi preso il tipico tè verde alla giapponese, senza zucchero e accompagnato da un dolcetto buonissimo.
Lasciato il tempio, abbiamo girato per un po’, senza meta particolare, per Kyoto, passando per templi più o meno piccoli, cappelle votive e godendoci in generale l’atmosfera molto rilassata che si respirava (a fatica, dato l’alto tasso di umidità). Nel mentre, ho fatto questa splendida foto… peccato si stesse muovendo.
In serata, siamo andati prima in un locale gestito da alcuni amici di Hana. Il locale era davvero molto carino e molto particolare. La serata è proseguita ad alto tasso alcolico fino a circa le tre, quando abbiamo deciso di trasferirci velocemente in un altro bar di un altro amico di Hana, dove io mi sono addormentato per un po’, cedendo ai colpi dell’alcool e della stanchezza.
Recuperate le forze, Hana mi ha portato a mangiare un po’ di ramen da un altro suo amico, per poi andare a recuperare gli altri rimasti nel bar e ritirarci a casa per dormire… il tutto verso le 6 del mattino.
Per ora basta, nel prossimo post vi racconto di domenica.

14 luglio 2003

Meraviglie tecnologiche redux.

Questo è un altro dettaglio del cesso della mia camera. Riuscite a indovinare cos'è?
Nel caso non ci siate arrivati da soli, ve lo dico io, non preoccupatevi. È un sensore, a occhio una fotocellula, che registra la presenza di un culo sulla coppa. E a cosa serve una fotocellula sulla coppa del cesso? Semplice: una volta che ci si siede, la velocità della ventola presente in bagno aumenta, in modo tale da aspirare l'eccesso di odori molesti prodotti nel corso della seduta. Non solo, una volta che ci si è alzati dalla coppa, la velocità aumenta ancora, così da eliminare ogni residuo sgradevole.
Sono sempre più in estasi.

13 luglio 2003

E rieccomi.

Scusate per l'assenza dovuta a stanchezza, pigrizia e generale mancanza di ispirazione e argomenti interessanti da trattare. Non che ora abbia chissà cosa da raccontare, ma quanto meno ho voglia e tempo di scrivere qualcosa.
Sabato scorso (non ieri, quello della settimana scorsa) io e Luis ci siamo visti con David che ci ha portati prima a mangiare il ramen, classica zuppa giapponese a base (penso) di brodo di maiale (con particelle di grasso galleggianti), spaghetti, verdure, pezzi di carne di maiale e uova. Sì, è pesante come sembra... anzi, di più. Però è anche ottima. Il bello dei locali che servono ramen è che di solito sono molto piccoli, senza tavoli, con i clienti seduti intorno al banco e il tizio che cucina di fronte a loro. Tutto molto casereccio e molto "giapponese". Non esistono menu, ma ci sono delle macchine tipo distributori di sigarette, con cui si ordina: in pratica, si sceglie il proprio piatto, si infilano i soldi, la macchinetta elargisce il bigliettino che rappresenta l'ordine che va poi consegnato al "cuoco". Ed è fatta.
Il ramen è molto tradizionale qui, al punto che esistono riviste dedicate all'argomento. Non ne ho ancora trovata nessuna, ma se mai ci riuscissi, la porterà a casa con me, un souvenir del genere non ha prezzo.
Finito di ingozzarci, siamo passati in sala giochi per dare qualche mazzata ai giappo... vabbé, non è andata proprio così, ma lasciamo stare.
Siamo poi andati a Roppongi, area di Tokyo che pullula (purtroppo) di gaijin, soprattutto americani. Roppongi è il quartiere dove va la maggior parte degli stranieri perché nei locali è possibile ordinare in inglese e perché le ragazze giapponesi vanno lì per rimorichiare/farsi rimorchiare da qualche straniero. Devo dire che a me Roppongi non è piaciuta molto, quasi per niente a essere sincero. È troppo poco giapponese e troppo simile a una zona incasinata di una qualsiasi grande città occidentale. E la percentuale di ragazze carine sembra anche essere più bassa rispetto alle altre zone di Tokyo. E poi, diciamolo, è pieno di yankee, il che è davvero pesante. Dragon, non volermene :*
Alla fine, la serata si è conclusa verso le 4 del mattino, con me e Luis in una specie di bar con musica ad alto volume che chiacchieravamo e bevevamo giusto perché non avevamo granché voglia di tornare a casa presto.
L'altro ieri e ieri invece sono state serate caratterizzate dalla poca voglia di fare qualsiasi cosa. Tutti troppo stanchi.
Venerdì, io, Luis e Jacques, il traduttore francese, siamo andati a mangiare in un microlocale che abbiamo scovato vicino all'albergo. Davvero molto carino e con un menu che, anche se completamente in giapponese, aveva dei disegnini che ci facevano capire cosa stavamo ordinando (maiale, pollo, pesce e così via). Completamente a caso, abbiamo preso un piatto da ogni categoria, affidandoci alla Provvidenza. Tutto sommato ci è andata bene, a parte sul fatto di maiale che si è rivelato essere fegato (bleargh) con verdure.
A fine serata, ho seguito la tradizione del locale (le pareti erano tappezzate di biglietti da visita) e consegnato uno dei biglietti da visita che avevo in Square e l'ho dato al proprietario del locale. Subito è rimasto un po' interdetto perché il biglietto da visita era tutto in inglese, ma quando poi gli ho fatto notare che sul retro era tutto in giapponese, ha cambiato completamente atteggiamento. Contento come una pasqua, mi ha chiesto di dov'ero e quando gli ho detto che ero italiano, mi ha detto che una ragazza che stava al tavolo a fianco al nostro parlava italiano. Follia pura. Così ho cominciato a scambiare quattro chiacchiere con la tizia: il suo italiano era molto arrugginito, ma tutto sommato più che discreto (vorrei parlare giapponese come lei parla italiano, altro che). Così scopro che ha vissuto per due anni a Firenze per studio, ma che poi non aveva avuto più l'occasione di tornarci.
Cazzo, è più facile trovare gente che parla italiano che gente che parla in inglese in questo paese.
Ieri invece, dopo un pomeriggio passato a girare per Akihabara e Shibuya, con un caldo infernale, sono rimasto a casa: ero davvero troppo stanco per fare qualsiasi cosa.

8 luglio 2003

I giapponesi e il cellulare.

Come è facile immaginare, i giapponesi sono anni avanti rispetto all'Europa nel campo della telefonia mobile. Come si sta notando anche in occidente, i cellulari stanno diventando sempre di più degli oggetti multiuso, utili non solo per telefonare, ma anche per fare foto, mandare email, giocare coi giochi della PlayStation e così via. Ovvio notare che tutto questo ben di dio tecnologico alloggia in cellulari più grossi di quelli a cui siamo abituati in Europa. Sembra infatti che i giapponesi non siano tanto interessati alla comodità e alle ridotte dimensioni, quanto piuttosto alla disponibilità di caratteristiche all'avanguardia. Cellulari come questo sono l'ultimo grido nel settore, e offrono in pratica tutto quello che il gadget moderno deve offrire.
I giapponesi, da parte loro, sono abbastanza ossessionati dal telefonino: in treno, molti sono spesso alle prese col loro cellulare, magari giocando o mandando email/messaggi. E chi non lo usa sta usando attivamente, lo tiene comunque in mano, onde non perdere chiamate o messaggi importanti. Bizzarro il fatto che sia vietato telefonare sul treno: a causa dello spropositato uso che i giapponesi facevano del cellulare sul treno, è stato deciso di vietarne l'uso per evitare confusione a bordo e intasamento delle linee radio usate dai conduttori per comunicare con le stazioni.
Non so se avevate letto quel pezzo di Repubblica.it riguardo ai nuovi cellurari e ai rischi di violazione della privacy paventati dall'autore. Beh, la parte riguardante il Giappone è vera: i cellulari dotati di macchina fotografica producono un "clic" artificiale e piuttosto rumoroso per evitare che gente come me faccia foto di nascosto a sconosciuti e sconosciute. Ed è anche vero che c'è un mercato di modifiche per cellulari per rimuovere il suddetto "clic". Gran paese, l'ho sempre sostenuto.
Come già detto nel post precedente, il cellulare fa anche da fatto sociale: è molto comune vedere i ragazzi che confrontano i rispettitivi cellulari e ne parlano con un entusiasmo che contemporaneamente diverte e preoccupa l'occhio gaijin. Boh, forse noi che parliamo di calcio al bar facciamo loro lo stesso effetto.
Comunque, se avrò la possibilità di tornare qui, è mi doterò sicuramente di cellulare giappo: completamente inutile in Europa, ma davvero troppo bello per lasciarmelo scappare.

7 luglio 2003

Il weekend - Venerdì.

È passato, in fretta, fin troppo.
È stato un ottimo weekend, non riposante, ma decisamente vario e divertente.
Venerdì sera, io, Luis e il collega francese siamo prima andati a mangiare in una specie di diner americano a Shibuya, consigliato da Jacques perché sul menu ci sono le foto che facilitano la comprensione e la conseguente ordinazione per i poveri gaijin come noi. Il posto è abbastanza anonimo, ma si mangia discretamente bene e i prezzi sono buoni.
Quando siamo arrivati al locale, abbiamo dovuto aspettare per una decina di minuti che si liberasse un tavolo. Tralasciando il momento in cui Jacques ha scritto Ale-san in katakana sul libro delle prenotazioni (meno male che c'era lui), il fatto interessante del ristorante era costituita dalla presenza di una coppia che aspettava un tavolo insieme a noi. Beh, i due (ragazzo e ragazza, normalissimi) non si sono detti UNA parola per tutto il tempo che abbiamo passato al ristorante (li abbiamo tenuti sott'occhio anche durante la cena). Presupponendo che questi due stessero insieme, il fatto che non avessero ASSOLUTAMENTE niente da dirsi, nemmeno insulti, era di una tristezza a tratti imbarazzante. A un certo punto, lei ha addirittura iniziato a farsi capelli con un arricciacapelli... in un ristorante, in compagnia del suo ragazzo!
Jacques comunque ci ha detto che scene del genere sono abbastanza comuni in Giappone. I giovani si divertono e stanno veramente a loro agio più con i loro amici, dello stesso sesso, che non con i partner. Il fatto dell'essere in coppia è quasi una cosa imposta dalla società che non vede di buon occhio ragazzi che a 25 anni sono single. Non so se credere a questa teoria, ma vedendo quella coppia di ragazzi sembrava tutto tristemente vero.
Finito di cenare, abbiamo raggiunto David nel bar di Shibuya dove lavora... bar gay. Piccolissimo, con un arredamento decisamente sopra le righe, vagamente liberty, il locale era stranamente vuoto. Siamo rimasti lì un paio d'ore, chiacchierando amabilmente del più e del meno e bevendo cocktail preparati dal buon David, che abbondava generosamente con le parti alcooliche. Da notare che David fa finta (almeno così dice lui...) di essere ricchione in modo da attirare clienti e essere meglio voluto dal padrone. Una puttana, insomma. Cosa non si fa per campare...
Mentre eravamo lì, è arrivato un gruppo di ragazzi, tre ragazze e due ragazzi, amici del padrone/gestore del locale. Hanno passato praticamente tutto il tempo a mostrarsi l'un l'altra i rispettivi cellulari e a confrontarli. Foto, suonerie, email, giochi, sarcazzi vari. Ma al fatto cellulare in Giappone dedicherò un post a parte in seguito, merita.
Verso le tre di notte, abbiamo salutato il gestore del locale, felicissimo di averci conosciuto, e ce ne siamo andati, in compagnia di David. Jacques decide di andare a casa, mentre noi tre raggiungiamo degli amici di David che si trovavano in un bar poco lontano.
Gli amici di David sono un po' di tutte le nazionalità: due francesi/giapponesi, due giapponesi, un americano, un'australiana, una brasiliana topa come non mai... e mi sembra basta. Lì abbiamo continuato a bere e mangiare fino a quasi le 5, ora in cui abbiamo deciso che era meglio levare le tende e lasciare i poveri cristi alla pulitura e chiusura del locale.
Dopo i saluti di rito, io, Luis, David e i due nippofrancesi siamo andati alla stazione di Shibuya, non prima di esserci fermati al tipico fast/junk food locale. Ci si siede al banco, e subito si riceve una tazza di tè verde freddo. Si riceve poi una ciotola con un uovo crudo, da sbattere e a cui aggiungere salsa di soia e, volendo, del peperoncino in polvere. Arriva poi il piatto vero e proprio: una ciotola di riso cotto al vapore, guarnito con strisce di carne di maiale cotte non si sa bene come in un'enorme pentola (penso siano fritte), a cui si aggiunge il già menzionato uovo per poi mescolare il tutto. Una delizia... :)
Finito di mangiare (il vero giappo consuma il tutto in meno di 5 minuti), ce ne siamo andati a casa, raggiungendo l'albergo all'alba delle 6.
Il sabato ve lo racconto un'altra volta, ora ho sonno.
Baci baci.

4 luglio 2003

A casa.

Ora.
Dopo una serata/nottata/mattinata fuori con amici.
Troppo stanco per aggiungere altro.
Pucchiacche.
Ora vado a dormire, che la palpebra sta calando pesantemente.

3 luglio 2003

Sorprendente.

Non so se avete notato, ma a fondo pagina c'è un bellissimo contatore, che dice a me e a voi quanti visitatori sono passati da queste parti da quando ho copiato e incollato le linee di codice nel template della pagina. Al momento in cui scrivo, il contatore segna... 170. Non male! E io che pensavo che questo blog fosse apprezzato solamente da pochi amici intimi... sono commosso, grazie!
Ora posso andare a nanna con la coscienza a posto, ho ringraziato il mio pubblico e ciò dovrebbe rendervi estremamente felici... sapete chi siete (frase che fa sempre effetto)!
Da raccontare non c'è molto... o forse sì, dai.
Il tempo di Tokyo, in questo periodo, non ha nulla da invidiare al grigiore londinese. Da inizio giugno circa a metà luglio, in Giappone c'è la stagione delle piogge, detta tsuyu (mi sembra...). Ciò significa che di sole se ne vede ben poco, le nuvole coprono spesso il cielo e piove con una discreta regolarità e intensità. In compenso, pare che la temperatura sia tutto sommato mite... visto che da metà luglio in poi le temperature saliranno vertiginosamente, accompagnandosi al già alto tasso di umidità. Prevedo ascelle pezzate in quantità.
Sul lato gnocca c'è non molto da segnalare, se non un'amica di Siraj conosciuta ieri sera (mercoledì sera). Si chiama Yuko, parla inglese,... e basta. Mi auguro vivamente di avere in futuro qualcos'altro da raccontare al riguardo.
Ora vado a nanna per davvero. Cia'!
cookieassistant.com