31 agosto 2011

Ponyo

Io non sono un fan sfegatato di Miyazaki. Cioè, mi piacciono i suoi film, li guardo sempre volentieri, ma non riesco a considerarlo uno dei miei registi preferiti. Nonostante mi siano piaciuti più o meno tutti i suoi film. O forse dico che non sono un fan per tirarmela e distinguermi da tutti i fissati con anime e simili che ci sono là fuori.

Sia come sia, ho visto di recente Ponyo, l'ultimo film di Miyazaki in attesa che nel 2012 esca il seguito di Porco Rosso. Come molti dei film del regista giapponese, Totoro su tutti per esempio, Ponyo ha una trama quasi inesistente. Sì, ok, c'è almeno nominalmente e racconta di una, boh, principessina del mare che vuole tanto diventare una bambina e che trova nell'amicizia e nell'affetto di un bambino di cinque anni la forza e la spinta per farlo, ma in fin dei conti la storia è l'elemento meno importante di Ponyo. Si ha quasi l'impressione che il film decida sul momento cosa fare piuttosto che essere il risultato di una sceneggiatura scritta e definita. Sì, perché quello che è realmente importante del film è la sua realizzazione estetica, la fantasia e la creatività che sprizzano da ogni disegno, la forza delle immagini che appaiono a schermo e la sinestesia che creano con la bellissima colonna sonora. È vero che le emozioni che ci comunicano sono semplici, infantili per certi versi, ma non mancano di coinvolgere.

Ponyo è un film che non puoi fare a meno di definire carino, in tutti i sensi, perché è tanto dolce da rischiare di cariarti tutti i denti e di farti venire gli occhi a cuoricino, e ti fa sentire l'irresistibile desiderio di abbracciare il televisore e per non mollarlo mai più. È decisamente un film per bambini più che per adulti, anche se un accenno di messaggio ecologista è sempre presente, ma può e riesce a essere piacevole anche per chi bambino non lo è più da un bel po' di primavere.

22 agosto 2011

The Fighter

Si fa fatica a credere che The Fighter sia ispirato a una storia vera, perché quella dei fratellastri Micky Ward e Dicky Eklund sembra la perfetta storia hollywoodiana, e non a caso il regista David O. Russell ha deciso di trarne una pellicola che nel 2011 è stato candidata all'Oscar come miglior film.

Dicky alla fine degli anni '70 combatté contro Sugar Ray Leonard; lui sostiene di essere riuscito a metterlo al tappeto una volta, mentre l'arbitro decretò che il pugile di colore era semplicemente scivolato. Alla fine, fu Leonard a uscire vincitore da quell'incontro che fu l'apice della carriera di Dicky, il quale finì poi per diventare un tossicodipendente (di crack, per la precisione). Micky invece è giovane e sano e, anche se sta attraversando un brutto periodo, ha ancora la possibilità di diventare qualcuno nella boxe, nonostante sia allenato da Dicky e debba sopportare la pressione della sua intera e squinternata famiglia, tra cui spicca sua madre e manager (una bravissima Melissa Leo), ma propria a causa delle persone che gli vogliono più bene, corre il rischio di non riuscire a realizzare il suo potenziale.

Nonostante una trama scontata e prevedibile, The Fighter riesce comunque ad appassionare. Molto del merito va sicuramente all'ottimo cast, tra cui spicca Christian Bale nei panni del tossicodipendente Dicky, ma anche Mark Whalberg e Amy Adams non sfigurano per niente. A voler essere maligni, si potrebbe dire che, sì dai, non è che The Fighter sia poi così diverso da Rocky, ma ciò non toglie che sia un film estremamente piacevole da guardare. Si potrebbe discutere a lungo se sia o meno materiale da Oscar, ma alla fine, chi se ne frega, dai.

18 agosto 2011

Night Watch e Day Watch

Prima di fare il regista tamarro in America con Wanted, Timur Bekmambetov faceva il regista tamarro in Russia. Nel 2004 e nel 2006 co-scrisse e diresse I guardiani delle notte e I guardiani del giorno, due film che mettono a schermo l'eterna lotta tra le forze del giorno e quelle della notte. La saga è basata sulla tetralogia di Sergei Lukyanenko, che include anche Twilight Watch e Final Watch.

Ambientati nella Mosca dei giorni nostri, le pellicole sono il classico mix di azione, personaggi pesci e dialoghi bizzarri. Bekmambetov non lesina su effetti speciali e grafica computerizzata, ma non sempre il risultato è soddisfacente. Il primo film, sebbene racconti una storia semplice e abbastanza scontata, mantiene un buon ritmo per tutta la sua durata e non esagera mai in nessuno dei suoi elementi costitutivi. Le scene di azione sono ben coreografate e la trama riesce a essere sufficientemente interessante fino alla fine del film.
Il secondo invece soffre della volontà del regista di prendere il prequel e aumentarlo in tutte le sue parti, durata inclusa che arriva a 2 ore e 11 minuti. La trama è eccessivamente complicata e la sceneggiatura confusa impedisce di poterla apprezzare fino in fondo. Si intuiscono elementi di interesse che meriterebbero di essere approfonditi, ma il regista salta da un personaggio all'altro e da una sottotrama all'altra troppo frequentemente. Anche gli effetti speciali soffrono dello stesso problema e risultano esagerati e confusi.

Wanted è un film di ben altra caratura, ma in Night Watch e Day Watch si vedono già le doti di Bekmambetov. Sono entrambi film imperfetti che peccano di troppa foga, soprattutto il secondo, ma rimangono due buone pellicole per gli appassionati del genere d'azione e riescono a non ammorbare lo spettatore nonostante la presenza dei vampiri.

4 agosto 2011

Inside Job

Nonostante in Italia si continui a negare l'evidenza, dal 2008 circa il mondo intero si trova in recessione. La causa scatenante della crisi fu il crollo del mercato finanziario americano che ebbe un effetto domino sui mercati finanziari di tutto il mondo, e come conseguenza diretta e indiretta, quasi tutti i settori dell'economia ne sentirono il contraccolpo.

Scritto, diretto e prodotto da Charles Ferguson, il documentario Inside Job ripercorre i passaggi che portarono alla crisi, spiegandoli in maniera più semplice e comprensibile possibile, e non manca di fare i nomi di quelli che, a modo di vedere dell'autore, furono i diretti responsabili del disastro economico. Con uno stile chiaro e informativo, come si conviene a un documentario di questo genere, Ferguson spiega come il mutuo non pagato da un americano del Kentucky abbia potuto mettere in ginocchio banche e agenzie di investimento con giri d'affari da centinaia di milioni di dollari.

Inside Job è basato su una tesi e il discorso narrativo dell'autore ruota interamente intorno a essa: la tesi è che l'assenza di controlli sulle operazioni delle banche ha permesso a quest'ultime di operare liberamente alla ricerca di guadagni sempre maggiori, senza il minimo riguardo per i propri clienti o delle conseguenze, con una riflessione a margine su un meccanismo interno che incentiva gli operatori del settore a prendere rischi in mancanza di un sistema che punisca gli errori. Al di là delle considerazioni politiche ed economiche su questa tesi e sulle argomentazioni di Ferguson, Inside Job è un documentario eccellente che pone domande dirette ai protagonisti, o per lo meno quelli che hanno accettato di farsi intervistare, e che mette in luce i numerosi conflitti di interesse e politici che si nascondono dietro le quinte.

Probabilmente coloro che hanno seguito la vicenda con attenzione non scopriranno molto che non sapessero già, ma l'analisi dei rapporti tra banche, politica e accademia americane è inquietante e getta numerose ombre sul futuro e Inside Job analizza in maniera chiara un capitolo importante della nostra storia recente.

1 agosto 2011

127 Hours

Leggi la trama di 127 ore di Danny Boyle e non sai bene cosa aspettarti. Un po' perché è dura immaginarsi come possa svolgersi e andare a finire la storia di Aron Ralston, con un braccio intrappolato per appunto 127 ore in un canyon americano con un braccio bloccato tra una pietra e una parete rocciosa, e un po' perché, come in Buried, non si sa come il regista riuscirà a riempire momenti di "nulla" che inevitabilmente si presentano in un film in cui la maggior parte del tempo è occupata da un attore solo in un'unica ambientazione.

Danny Boyle però non è l'ultimo degli imbecilli del settore e fa di 127 ore un'esperienza appassionante sotto tutti i punti di vista. Esteticamente, in particolare nella prima parte, toglie il fiato grazie a una fotografia e un montaggio magistrali. Non si può rimanere indifferenti di fronte a quei colori e a quelle inquadrature a volo d'uccello. Quando poi è Ralston, con la faccia di un bravissimo James Franco, a prendere la scena, il film diventa più intimista e onirico e, nonostante passetto falso di poco conto qua e là, trascina fino all'incredibile finale.

Come scrivevo altrove, 127 ore è un film che, nell'ordine, mi ha meravigliato, mi ha stupito, mi ha disgustato, mi ha fatto commuovere e mi ha fatto sentire sollevato. Boyle evita accuratamente di dipingere Ralston come un eroe, come un uomo fuori dal comune. La sua storia, che ricordo è reale, ha dell'incredibile ed è assurdamente appassionante; si può anche cercare di darle un valore simbolico, di caricarla di significati reconditi, ma è anche perfettamente godibile e apprezzabile come "semplice" storia di umana resistenza e voglia di vivere, la storia di una persona come tante che arriva a fare cose fuori dal comune pur di sopravvivere.
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