30 marzo 2011

Amer

Ecco, scrivere di Amer mi mette un po' difficoltà. Questo film francese è un chiaro omaggio alla tradizione dei film horror e gialli italiani degli anni '70, di cui "Profondo rosso" è probabilmente il titolo più famoso e genere di cui io penso di aver visto giusto il film di Dario Argento. Ed è per questo che non sono certo di aver colto tutti i riferimenti e gli omaggi al passato di cui i registi e autori Hélène Cattet e Bruno Forzani hanno fatto abbondante uso. O di aver capito davvero il film. L'impostazione visiva, sonora e narrativa ci mette anche del suo, rendendo piuttosto difficoltoso seguire la vicenda e mettere insieme i pezzi di quel poco di storia raccontata.

Il film è suddiviso in tre episodi separati e con in comune la protagonista bambina nella prima parte, adoloscente nella seconda e adulta nella terza. La trama è praticamente inesistente e fa una timida apparizione verso la fine del film, percorso inverso dei dialoghi che spariscono letteralmente andando avanti, mentre il resto di Amer è un caleidoscopio di colori, suoni e primi piani estremi, conditi da una costante ed evidente carica erotica che pervade quasi tutti gli elementi della pellicola.

Dire che Amer mi sia piaciuto è forse troppo, con quel suo tirarsela spudoratamente da film d'essai. Non che non ne abbia la possibilità, perché alcune sequenze sono davvero ben realizzate, ma si ha l'impressione che ci sia molta più apparenza e attenzione allo stile che non alla sostanza narrativa. Gli amanti del genere probabilmente lo apprezzeranno molto più di quanto abbia potuto fare io, che mi sono limitato soprattutto a notare l'ottima realizzazione e l'indubbio stile. Ci avessero messo anche un po' di sostanza sarebbe stato meglio però, quello sì.

26 marzo 2011

Restrepo

Nato dalla collaborazione tra un fotografo inglese e un giornalista americano, Restrepo è uno sguardo impietoso e senza filtri su quello che passano i soldati americani in Afghanistan e che immagino non si discosti molto dalla vita dei soldati impegnati altrove. I protagonisti sono i 49 membri della Battle Company dei marine americani, impegnati per 15 lunghi mesi nella valle di Korengal, tristemente famosa per essere la località più pericolosa di tutto l'Afghanistan, e in particolare i 15 membri assegnati all'avamposto Restrepo, chiamato così in onore del primo membro della squadra ucciso.

Senza la benché minima struttura narrativa, il documentario alterna scene di combattimento e di vita quotidiana alle interviste fatte ai sopravvissuti. Le scene di combattimento sono terribili nel loro crudo realismo e fanno realizzare quanto false siano tutte le fesserie che ci rifilano giochi come Call of Duty e soci: i combattimenti si svolgono contro nemici invisibili, talvolta lontani centinaia di metri, altre volte così vicini da poterli sentire. Nemici che hanno il vantaggio di conoscere alla perfezione l'area, mentre gli americani hanno poche e incomplete informazioni e lottano quasi alla cieca. Per quanto sia difficile commiserare gente come il capitano della squadra, le interviste agli altri membri del plotone, la maggior parte dei quali sono poco più che ragazzi, fanno solo intuire quali cicatrici possano lasciare 15 mesi passati sotto la costante minaccia di un nemico invisibile.
Il documentario mostra anche quanto inefficace e inadeguata sia la tattica degli americani, che affida ai soldati il compito di trattare con la popolazione locale, nel vano tentativo di convincerli a collaborare con loro, in cambio di promesse di fantomatici lavori e strade. E quanto altrettanto inadeguato sia il supporto post-missione per i soldati, molti dei quali sono chiaramente affetti da disturbi post traumatici da stress.

Restrepo suscita sentimenti contrastanti, tra il rifiuto per la guerra e la compassione per i soldati, impegnati a combattere una guerra che non possono vincere, e, sebbene gli autori abbiano sempre dichiarato che non abbia intenzioni politiche, è un chiaro omaggio ai marine e al lavoro che svolgono quotidianamente. Si potrà non condividere le loro motivazioni, ma è difficile rimanere impassibili di fronte alle loro vicende e ai loro racconti.

A margine, va ricordato che Restrepo era giustamente tra i candidati all'Oscar di quest'anno nella categoria per il miglior documentario.

23 marzo 2011

Mother (Madeo)

Mother di Joon-ho Bong, autore di The Host tra le altre cose, appariva in molte delle liste dei film migliori del 2010, tra cui anche quella di Quentin Tarantino, per menzionarne una a caso. E in effetti queste apparizioni Mother se le merita tutte. Ma andiamo con ordine.

Doo-joon è un bel ragazzo, ma è anche un po' ritardato. Sta sempre in compagnia di Jin-tae, un coetaneo che gli è amico tanto quanto lo prende in giro per il suo handicap, e vive con l'apprensiva madre che vorrebbe tenerlo sempre con sé per proteggerlo dagli abitanti del piccolo paese dove vivono e dai mali del mondo. Una mattina una ragazzina del vicinato viene trovata morta sul tetto di un rudere abbandonato e la polizia arresta immediatamente Do-joon, convinta della sua colpevolezza e al quale strappano una confessione in pochi minuti. La madre tuttavia è certa dell'innocenza di suo figlio e farà di tutto per provarla.

Le premesse del film sono semplici, ma il suo svolgimento è tutt'altro che scontato e riserva più di una sorpresa. Per quanto non raggiunga mai vette di tensione insostenibile, Bong gestisce con abilità la storia danzando tra thriller, dramma famigliare e commedia, con flash di inaspettata e viscerale violenza. Non solo, Bong non manca di inserire elementi di satira sociale, melodramma e una vicenda che è una tragedia nel senso più greco del termine. La regia è precisa e puntuale, la cura dell'immagine è ai massimi livelli, la colonna sonora e la sua sinergia con le scene sono tra le migliori che abbia potuto apprezzare negli ultimi tempi.
Lasciando da parte le perplessità sul comportamento della polizia nel film (che valore legale può avere una confessione fatta da una persona chiaramente ritardata e al quale non è stato nemmeno assegnato un avvocato d'ufficio?), Mother è un film bellissimo, impreziosito dalla meravigliosa interpretazione di Hye-ja Kim nel ruolo della madre, bravissima e perfetta nel ritrarre la determinazione e le contraddizioni della donna.

Non che ci fossero dubbi al riguardo, ma Mother conferma ancora una volta l'altissima qualità del cinema sud-coreano ed è senza ombra di dubbio uno dei film più belli che abbia mai visto.

8 marzo 2011

Mary and Max

Ogni lingua ha le sue parole belle. Prendete "quirky" in inglese, che significa "eccentrico", "peculiare". Ecco, una parola così perfetta, come suono e significato, in italiano non mi viene per descrivere Mary and Max, film di animazione australiano del 2009 e che qui nel Regno Unito è uscito a ottobre 2010.

Basato su una storia vera, Mary and Max racconta di, pensa un po', Mary e Max. La prima è una bambina australiana complessata, insicura, trascurata dai genitori e senza amici, Max è un uomo altrettanto solo che vive a New York, affetto dalla sindrome di Asperger. Un giorno Mary prende un nome a caso da un elenco telefonico trovato in un ufficio postale e gli scrive una lettera; ovviamente quel nome è quello di Max. Da quell'evento totalmente casuale nasce una strana e complessa amicizia a distanza tra due persone separate da circa 40 anni, migliaia di chilometri e una decina di ore di fuso orario. Eppure, nonostante tutte queste differenze, il loro rapporto cresce e va avanti, pur non senza incidenti, perché alla fine, la solitudine e il bisogno di contatti umani sono elementi comuni nelle persone di qualsiasi età ed estrazione sociale e perché Mary e Max avevano in comune molto più di quanto si potesse sospettare e la loro amicizia era reale, concreta.

Completamente realizzato in claymation, Mary and Max ha un aspetto originale con colori sobri e personaggi bizzarri e, confronto all'aspetto solare e brillante di film come Toy Story 3 e How To Train Your Dragon, richiede un attimo di pazienza per essere digerito dall'occhio. Ma una volta che ci si è abituati allo stile particolare, la splendida realizzazione è il perfetto complemento per una bella storia sulle persone e sui rapporti di amicizia che si instaurano tra di loro. Ah, e il doppiaggio originale è spettacolare.

4 marzo 2011

How To Train Your Dragon

Sottotitolo: non si vive di sola Pixar. Sottotitolo (per modo dire) italiano: Dragon Trainer.

È quasi brutto dover sempre mezionare la Pixar quando si parla di altri film di animazione, ma non è mica colpa mia se il loro film meno bello (perché brutto di certo non è) è Cars, mentre tutti gli altri sono uno più bello dell'altro. Altrettanto non si può dire della Dreamworks, che ha avuto alti e bassi nella sua produzione, ma forse mai nessun film davvero in grado di rivaleggiare con quelli della Pixar. Le cose però sono cambiate con questo Dragon Trainer (uso il titolo italiano che è più breve, dai, che HTTYD non si può leggere). Intanto perché finalmente hanno finalmente smesso di fare film con lo stampino se dio vuole e hanno scritto una storia semplice, ma che ha la giusta combinazione di elementi comici, drammatici e quel pizzico di dolcezza che non guasta quasi mai. Poi hanno azzeccato i personaggi, tutti, dal protagonista fino all'ultimo dei vichinghi che fa numero. Hanno personalità, sono credibili esteticamente ed emotivamente. Il drago poi è spettacolare, forse un pelino troppo felino in alcuni momenti, ma come si fa resistere a quegli occhioni?

La trama è piuttosto scontata, ma è scritta e sviluppata talmente bene che non ci si fa caso e racconta una bella storia di un ragazzino che cresce, prende coscienza di se stesso e delle sue capacità grazie all'improbabile amicizia con un drago. Il tutto condito da un po' di retorica pro-animalista, che non guasta. La realizzazione tecnica del film è semplicemente spettacolare, è tutto praticamente perfetto; i dettagli come la pelle del drago, oppure le scene di volo (peccato non averle viste in 3D) o le scene di azione, tutto è a livelli altissimi.

L'Oscar per il miglior film di animazione quest'anno è andato meritatamente a Toy Story 3, ma sarebbe stato giustissimo anche se avesse vinto Dragon Trainer.
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