31 agosto 2011

Ponyo

Io non sono un fan sfegatato di Miyazaki. Cioè, mi piacciono i suoi film, li guardo sempre volentieri, ma non riesco a considerarlo uno dei miei registi preferiti. Nonostante mi siano piaciuti più o meno tutti i suoi film. O forse dico che non sono un fan per tirarmela e distinguermi da tutti i fissati con anime e simili che ci sono là fuori.

Sia come sia, ho visto di recente Ponyo, l'ultimo film di Miyazaki in attesa che nel 2012 esca il seguito di Porco Rosso. Come molti dei film del regista giapponese, Totoro su tutti per esempio, Ponyo ha una trama quasi inesistente. Sì, ok, c'è almeno nominalmente e racconta di una, boh, principessina del mare che vuole tanto diventare una bambina e che trova nell'amicizia e nell'affetto di un bambino di cinque anni la forza e la spinta per farlo, ma in fin dei conti la storia è l'elemento meno importante di Ponyo. Si ha quasi l'impressione che il film decida sul momento cosa fare piuttosto che essere il risultato di una sceneggiatura scritta e definita. Sì, perché quello che è realmente importante del film è la sua realizzazione estetica, la fantasia e la creatività che sprizzano da ogni disegno, la forza delle immagini che appaiono a schermo e la sinestesia che creano con la bellissima colonna sonora. È vero che le emozioni che ci comunicano sono semplici, infantili per certi versi, ma non mancano di coinvolgere.

Ponyo è un film che non puoi fare a meno di definire carino, in tutti i sensi, perché è tanto dolce da rischiare di cariarti tutti i denti e di farti venire gli occhi a cuoricino, e ti fa sentire l'irresistibile desiderio di abbracciare il televisore e per non mollarlo mai più. È decisamente un film per bambini più che per adulti, anche se un accenno di messaggio ecologista è sempre presente, ma può e riesce a essere piacevole anche per chi bambino non lo è più da un bel po' di primavere.

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