19 settembre 2010

The Girlfriend Experience

Ci sono due modi di parlare di The Girlfriend Experience: il primo è facendo finta di non sapere chi sia Sasha Grey, mentre il secondo è ammettere di sapere che la ragazza è una pornostar che alla giovane età di 22 anni ha più di 150 film al suo attivo. Io lo ammetto e no, non li ho visti tutti.

La scelta della Grey per il ruolo di Chelsea, la escort protagonista di questo film diretto Steven Soderbergh e sceneggiato da David Levien e Brian Koppelman (gli stessi di Ocean's Thirteen), non è casuale. La ragazza intanto dimostra molta più capacità di recitare di quanto mi aspettassi, soprattutto considerato che i dialoghi sono in gran parte improvvisati dato che Soderbergh rivelava giornalmente quali scene avrebbero girato. E poi il suo approccio al sesso, distaccato e mercenario, è molto simile a quello di Chelsea, nel modo in cui entrambe separano in maniera distinta e ferrea la loro personalità reale da quella professionale. Ma i servizi di Chelsea non sono solamente un torbido affare di sesso: lei offre ai propri clienti la "girlfriend experience" del titolo, vale a dire che assumerà in tutto e per tutto il ruolo della fidanzata dei suoi clienti, con i quali potrebbe anche limitarsi a parlare per ore della situazione finanziaria degli Stati Uniti. Ambientato nel 2008 nei mesi che hanno preceduto le elezioni presidenziali che hanno visto vincitore Barack Obama, la crisi economica e finanziaria è un argomento che torna spesso nei dialoghi del film.

Realizzato in maniera volutamente artigianale, con movimenti di camera scomposti, primi piani troppo ravvicinati e sonoro in presa diretta dal volume non uniforme, il film mostra la solita bravura di Soderbergh dietro la cinepresa. Ammetto di avere un debole per il suo stile, anche quando il film potrebbe essere meglio. Questo è il caso di The Girlfriend Experience, che soffre di una narrazione incidentale che non pone la necessaria importanza su alcuni dettagli e che soprattutto all'inizio sembra mancare di una direzione definita, con scene che sembrano più conversazioni ascoltate per sbaglio che non vere scene dirette da un regista. Tuttavia, quando il regista rivela finalmente un filo conduttore e si riesce a rimettere insieme i pezzi della vicenda, si ottiene un film atipico, freddo e sperimentale, probabilmente non facile da guardare, e per qualcuno persino noioso, ma con una protagonista che stranisce e temi che non lasciano indifferenti.

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