22 gennaio 2012

Source Code


Immagino che Duncan Jones sia il regista ideale per i produttori moderni: fa film con quattro soldi, risparmia su cast e set usando pochi personaggi e ancora meno ambientazioni e, nel caso paghi gli attori un tanto a parola, non scrive mai dialoghi superflui o ridondanti. E come se non bastasse, fa pure dei gran bei film.

Source Code è il suo lavoro più recente e si avvale di un cast più corposo rispetto al precedente Moon. Si tratta ancora una volta di un film di fantascienza, e ancora una volta è una fantascienza saldamente ancorata alla nostra realtà, che prende un elemento fantastico e lo inserisce nel contesto di una situazione realistica e credibile. In questo caso abbiamo a che fare con il programma "Source Code" (che non capisco perché non abbiano tradotto con "Codice sorgente" nel titolo italiano), una nuova tecnologia che sfrutta l'energia cerebrale residua nei deceduti per ricreare una sorta di realtà alternativa con la quale alcuni agenti possono interagire e Jake Gyllenhaal è uno di questi operatori altamente specializzati. E finiamola qui con la trama.

Il modo di fare cinema di Jones mi piace assai. Il suo è un cinema... educato, ecco, molto inglese per certi versi, che non si dimena scompostamente per attirare l'attenzione dello spettatore e non urla sguaiatamente per svegliare il pubblico assopito. Non ne ha bisogno perché, con il suo stile pulito e con sceneggiature che quadrano sempre il cerchio, è davvero difficile annoiarsi con un film di questo regista inglese. Anche gli attori si adeguano al suo stile compìto, perché Gyllenhaal e le co-protagoniste Michelle Monaghan e Vera Farmiga regalano interpretazioni intense, ma mai fuori posto né sopra le righe, sempre in sintonia con il regista e con gli altri attori. Quella che inizialmente sembra una rivisitazione in chiave thriller di Groundhog Day ("Ricomincio da capo" in italiano) si rivela essere un film profondo e complesso che non evita di affrontare temi che si sarebbero facilmente prestati a discorsi di retorica spinta; Jones invece li inserisce nel contesto della storia con il suo solito tatto e con un gusto cinematografico invidiabile. Source Code conferma quanto di buono Jones aveva fatto vedere con Moon ed è un sollievo, perché sarebbe stato un peccato scoprire che Moon era stato solo una botta di culo.

1 commento :

limaCAT ha detto...

Infatti, spero che un giorno Duncan Jones possa dirigere (e ovviamente tagliare e rifinire) una sceneggiatura di Richard Kelly, che purtroppo ha il vizio di mettere così tanta carne al fuoco da non saper come gestire e concludere i film (tanto per dire: sarebbe stato bello vedere Southland Tales come serie televisiva...).

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