7 aprile 2011

Public Enemies

Michael Mann.

Potrei non scrivere nient'altro per fare capire la mia opinione su Public Enemies, il film più recente del regista americano (ed evitiamoci di chiederci perché nel titolo italiano il nemico sia diventato uno solo).

Però alla fine uno sforzo posso anche farlo e scrivere di Public Enemies è pure bello. Uno dei nemici del titolo è John Dillinger, interpretato da un bravissimo e bellissimo Johnny Depp, il rapinatore di banche che negli anni '30 divenne uno degli obiettivi principali della guerra contro il crimine lanciata da J. Edgar Hoover, direttore del Bureau of Investigation (che nel 1935 divenne l'FBI). La nemesi di Dillinger fu Melvin Purvis, un agente del Bureau interpretato da Christian Bale, che inseguì il rapinatore per anni e infine organizzò e partecipò all'azione che portò alla morte di Dillinger per le strade di Chicago nel luglio del 1934.

Mann non perde tempo a raccontarci il passato di Dillinger, si limita a mettere a schermo Depp bello come un dio greco, macho e sprezzante del pericolo e dell'autorità giudiziaria. Altrettanto fa con i personaggi di contorno, Purvis e Billie Frechette, la compagna di Dillinger, interpretata da una bravissima e splendida Marion Cotillard. Sono definiti dai loro comportamenti, dalle loro parole, dai loro sguardi e sta allo spettatore interpretarli e godere del come al solito ottimo lavoro di Mann. In particolare, la direzione artistica è particolarmente ispirata, con il film quasi interamente girato nei luoghi realmente frequentati da Dillinger.

Ma insomma, alla fine si tratta di un film di Mann, con le sue inquadrature, i suoi movimenti di camera, i suoi primi piani. Forse è più freddo e distaccato di quanto ci si sarebbe potuti aspettare, ma a me va benissimo così.

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