22 luglio 2010

Brick

Un liceo americano all'apparenza come tanti altri; un protagonista scontroso e intelligente; la sua ex ragazza che gli chiede aiuto senza specificare il motivo, poco prima di essere trovata cadavere vicino a un tunnel di scolo. Questi sono gli elementi che danno il via a Brick, film diretto nel 2005 dall'allora esordiente Rian Johnson. Tralasciamo per decenza ogni commento sul titolo italiano che, come al solito, c'entra poco e niente con il film.

Ci sono due modi per guardare Brick: uno è quello che ho adottato io, vale a dire leggere sommariamente la trama del film giusto per avere un'idea minima di cosa aspettarsi, altrimenti ci si può documentare e scoprire che cos'è il realtà questo film.
Facendo come me, Brick provoca una sensazione strana: l'occhio trasmette le immagini al cervello, ma questo inconsciamente sembra accorgersi che quello che si è appena guardato in realtà è una facciata, una messa in scena nella messa in scena. Sullo schermo ci sono dei liceali americani coinvolti a vario titolo nell'omicidio della ex ragazza del protagonista e le scoperte che ne conseguono, ma in realtà l'intero film è un omaggio e un rifacimento dei film noir che andavano per la maggiore negli anni '40 e '50 e per questo fa parte del filone chiamato, guarda un po', neo-noir.

La cura e l'attenzione con cui gli stilemi del genere sono riprodotti sono davvero impressionanti, nella storia così come nei dialoghi. I personaggi in particolare sono resi con estrema efficacia, ma questo pregio è forse anche il loro difetto maggiore, perché sembrano essere più dei modelli che dei personaggi veri e propri, ed è per questo che non riescono a coinvolgere completamente a livello emotivo.
Ma non è niente che possa rovinare un film particolare e originale come Brick che riesce a funzionare come omaggio a un genere del passato senza però ridursi a essere un vuoto esercizio di stile; la storia che racconta è complessa e appassionante e, soprattutto, mai banale.

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